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ROCCA DA CIAPPA (945 m)

ATTENZIONE: LA VIA DI ARRAMPICATA è STATA CHIUSA DALLE AUTORITà DEL PARCO DEL BEIGUA PER NIDIFICAZIONE DI RAPACI  SI TRATTA DI UNA ZONA SUPERPROTETTA

Per lo sperone sud-ovest

Questa relazione è di Andrea Parodi che gentilmente mi ha dato la possibilità di pubblicarla


Ciappa

 

La Rocca da Ciappa è un bel picco roccioso che s’innalza dal contrafforte meridionale del Monte Argentéa, sporgendosi con balze strapiombanti sull’alto vallone del Rio di Lerca. Verso sud-ovest, la Rocca da Ciappa protende un lungo sperone roccioso, assai articolato, che scende fino ai boschi soprastanti la Casa Segáge.

Già nei decenni passati le balze rocciose della Rocca da Ciappa furono visitate da sporadici alpinisti. In un articolo sulla Rivista della Sezione Ligure del CAI (anno 1984, n. 2), Gianni Pastine parla di una via di alpinismo facile sul versante nord-ovest della Rocca da Ciappa (chiamandola erroneamente Rocca Negra). Nelle mie prime ricognizioni sullo sperone sud-ovest della rocca, ho trovato due vecchissimi chiodi corrosi dalla ruggine sul risalto verticale sotto la vetta.

Il 16 febbraio 2005 ho percorso integralmente sul filo di cresta il lungo sperone, con gli amici Giancarlo, Attilio e Maria del CAI d’Arenzano. In seguito sono tornato con Attilio ed altri amici a migliorare la chiodatura della via, a pulire il percorso da rami ed arbusti e a segnalarlo con strisce di vernice bianca. È risultato un itinerario alpinistico assai interessante.

Come spesso accade sui contrafforti del Monte Rama e dello stesso Argentéa, le difficoltà sono discontinue. In alcuni tratti del percorso si cammina o si arrampica su rocce elementari, ma ci sono anche parecchie lunghezze di corda che offrono un’arrampicata molto elegante ed aerea su roccia buona. In più l’ambiente è bellissimo, selvaggio e panoramico. In caso di necessità la salita può essere interrotta senza problemi in vari punti, dai quali si può scendere a valle per pendii erbosi o facili canali.

La parte bassa della via è rivolta a sud, perciò prende il sole già di mattino; le parti superiori prendono il sole più tardi e sono più esposte al vento. I periodi migliori per salire lo sperone sono l’autunno e l’inizio della primavera. Tuttavia, nelle belle giornate con calma di vento, la scalata può essere affrontata senza sofferenza anche in pieno inverno.

Difficoltà: AD discontinuo, con un passo di IV+.

Roccia: serpentinite, per lo più buona.

Dislivello dall’attacco alla vetta: 250 m circa.

Materiale utile: fettucce lunghe, una serie di nut, alcuni chiodi. È sufficiente una corda lunga 30 metri. I chiodi citati nella relazione sono quelli lasciati in posto.

Accesso stradale: dal casello di Arenzano dell’autostrada Genova-Ventimiglia si gira a destra per Cogoleto. Dopo poche centinaia di metri, appena superato il valico della Colletta, si prende a destra una strada che scende in Val Lerone. Superati alcuni insediamenti industriali, la rotabile risale la valle, poi attraversa il torrente su un ponte in località Motta (ex cartiera). Salendo con alcuni tornanti si arriva alla frazione Campo dove si lascia l’auto.

Avvicinamento: dalla frazione Campo (130 m circa) si prende una carrareccia (segnavia “triangolo rosso pieno”) che sale con alcuni tornanti, fino su un crinale dove la vista si apre all’improvviso sul vallone del Rio di Lerca con il Bric Camulà e il Monte Rama. La carrareccia sale sul lato sinistro idrografico del vallone. Dopo circa 1 km, a quota 350 circa, si abbandona la strada per proseguire a destra sul sentiero segnalato con il triangolo rosso. Tagliando a mezza costa sotto i contrafforti rocciosi delle punte Tuschetti e Querzola, si arriva sul prato del Piano delle Segáge. Poco più in alto, a quota 637, si trova la Casa Segáge, un casolare di pietra che può offrire riparo in caso di maltempo. Qui si abbandona il sentiero con il triangolo rosso. Andando a destra sul prato per 10-15 metri si giunge all’inizio di un sentierino che, passando per una breccia del muretto di pietre, sale verso nord-est tra alberi ed arbusti. Seguendo i segnavia bianchi, si sale per il sentierino fino a quota 700 circa, poi si taglia a sinistra un pendio erboso coperto di pini, e si raggiunge un terrazzo sul contrafforte roccioso che affonda le sue radici nel bosco (1.30 ore circa dall’auto).

Arrampicata:

  1. 1)Si parte da un terrazzino erboso con chiodo di sosta. Si sale per alcuni metri su placca inclinata (II), poi si affronta un muro verticale alto quattro metri circa (IV+, un nut e due chiodi). Si esce quindi su una cresta inclinata, ma assai affilata, che si segue (III) fino sotto il secondo risalto (30 m, un chiodo di sosta).
  2. 2)Si vince il secondo risalto (III+, un chiodo) e si prosegue sulla cresta inclinata, fino ad uno spuntone che precede il terzo risalto (25 m).
  3. 3)Il terzo risalto è costituito da un bel muro alto otto metri circa, che si sale direttamente (IV, un chiodo e uno spit). Si giunge così su un’ampia terrazza ai piedi del quarto risalto.

Qui termina il primo tratto di arrampicata, perché il quarto risalto è solo uno spuntone isolato che si aggira a sinistra. Camminando sul crinale tra massi e arbusti (segnavia bianchi), si sale ad una spalla della cresta principale con erba e pini. Si prosegue in salita per il crestone alberato, fino alla base di un bel pilastro verticale.

  1. 4)Si attacca il pilastro sulla destra e si sale dritti per rocce articolate fino alla sua sommità (III+, un chiodo, 30 m).
  2. 5)Procedendo in cresta si supera con divertante arrampicata un risalto di rocce gradinate (II e III, 30 m).
  3. 6)Si prosegue sull’aerea cresta e, giunti ad un piccolo intaglio, si sale su uno spuntone affilato (III, esposto) poi si scende sull’altro lato per facili rocce gradinate, fino ad una piatta sella erbosa.
  4. 7)Si attacca un muro gradinato. Con un passo atletico (III+) si sale sul primo gradino, poi si traversa brevemente a sinistra (III+) per prendere rocce articolate che portano sul soprastante ripiano (20 m, sosta su alberello).
  5. 8)Si entra in un piccolo anfiteatro cosparso di massi, dove convergono i due rami inferiori della cresta. Si sale al centro per gradini e poi per una fessura-camino (III-) che porta ad una forcella (15 metri, sosta su alberello).

Da qui si prosegue lungamente su cresta inclinata (segnavia bianchi) tra blocchi rocciosi e arbusti, superando facilmente brevi risalti.

  1. 9)Una breve placca inclinata conduce (II+) su una spalla erbosa, in vista del tozzo torrione che costituisce la vetta.

Seguendo i segnavia bianchi si cammina sull’ampia cresta erbosa punteggiata di pini, fino alla base del torrione terminale, che si attacca sulla destra.

10) Si sale per una rampa erbosa obliqua a sinistra. Dopo alcuni metri si piega a destra per rimontare un muro di rocce articolate miste ad erba (III-, blocchi instabili). Si giunge cosi su una cengia con chiodo di sosta (20 m).

11) Superando un breve muro sulla destra (passo di IV-) si guadagna un terrazzino sullo spigolo del torrione. Poi, piegando ancora a destra (a sinistra ci sono grossi blocchi instabili), si vince un ultimo strapiombetto (III+, un chiodo) e si sbuca su una grande terrazza (15 metri, sosta su alberello).

Si contorna a sinistra l’ultima balza seguendo una rampa erbosa. Superata una strozzatura esposta che richiede un po’ di attenzione, si continua per la rampa obliqua fino a sbucare sulla vetta (945 m), costituita da una cresta che strapiomba sul lato nord-ovest, mentre scende erbosa e inclinata sul lato sud-est.

Discesa: Si scende per erba e lastroni inclinati per il versante sud-est, giungendo in breve nella bella conca prativa tra la Rocca da Ciappa e la Rocca Negra. Qui s’incontra il sentiero segnalato con la stella bianca (via diretta all’Argentéa). Seguendolo verso sud si contorna ad oriente la vetta della Rocca Turchina, poi si perde quota abbastanza velocemente. A quota 300 circa s’incontra il sentiero “dell’Ingegnere”, che si percorre verso destra per 200 metri. Poi si riprende la discesa a sinistra, fino a sbucare sulla carrareccia già seguita nell’avvicinamento, che riporta in breve alla frazione Campo (1.30 ore circa dalla vetta).

(Andrea Parodi, 30 ottobre 2005)